LO SBAGLIO

Sine Pagina - Lo sbaglio
Immagine di Min An da Pexels (download gratuito Canva App)

Racconto di Dario S. Villasanta

Mi sono sbagliato per la prima volta quando sono venuto al mondo, la seconda vorrei non avere il tempo di farlo. D’altronde, commettiamo tutti qualche errore imperdonabile, prima o poi, è solo questione di tempo. L’unica angustia è nel non potervi porre rimedio.

Io ho tutta la vita davanti, ma è come se l’avessi già finita, prima ancora di iniziarla, annichilito dall’essere venuto al mondo. Non c’è infatti nessuna nobiltà nel non essere capaci di amare, non c’è onore che non sia quello di saperlo e crucciarsene quanto basta per non essere felici, e un uomo senza quell’onore non è un uomo. È l’unico dazio che posso pagare a chi mi porta amore, l’unica moneta di scambio, un vano compromesso con i sentimenti che non fa bene a nessuno, in quanto nulla toglie e nulla dà.

Serena ha pazienza, ne ha da vendere, anche oggi che toglie tempo al suo lavoro per venirmi a trovare. Cucineremo insieme, mangeremo insieme, faremo l’amore e saremo infelici insieme, lasciando a ciascuno dei due, una volta di più, l’amaro in bocca al momento dei saluti.

Suona il telefono, è arrivata sotto casa. Vado ad aprirle, sul volto avverto i muscoli tendersi in un sorriso, sono spontanei e non sanno mentire. Mi chiedo se anche questa manifestazione di contentezza sia un errore, se sia ingannevole nei suoi confronti. Lascia infatti intendere che io sia felice di vederla, e ho l’illusione che sia davvero così, ma so che una sua occhiata mi convincerà del contrario, anche se non so il perché.

La vedo infatti, lei mi guarda, sorride a sua volta, fa finta di niente, ma si nota che avrebbe già qualcosa da dire. Non mi rivolge appunti però, mi getta solo le braccia al collo, perché anche lei crede che sia bello vederci. In realtà, ne siamo convinti entrambi, tutte le volte che ci fissiamo un appuntamento.

E allora, che cosa non va?

Io non lo so, però se lei non se ne va felice da casa mia, per quanto si passi il tempo in armonia, vuol senz’altro dire che qualcosa non va.

Chiacchieriamo leggeri del più e del meno, mentre io metto a bollire l’acqua e lei pulisce due verdure. Poi mangiamo allegri, senza lasciar spazio a silenzi, che, almeno quelli, tra noi non ci sono mai; sciacquiamo i piatti e filiamo in camera mia a fare l’amore.

Non ha mai lo stesso sapore, non ha mai le stesse parole, non ha mai gli stessi gesti eppure anche le novità sembrano familiari. Ci abbracciamo, ci baciamo, ci abbandoniamo come non ci fosse un domani, poi ognuno si riveste e, nuovamente, arriva il momento di salutarsi. Non è mai uno solo dei due che decide quando è ora di separarsi, ma nemmeno lo decidiamo in fondo, perché è il tempo che lo decide per noi. Senza perché, senza parole,  senza scuse che ci lascino modo di capire se ci vada o meno.

Poi, lo so, sarà di nuovo rimpianto di qualcosa quando lei, già guardandosi allo specchio nell’ascensore, non saprà se essere felice oppure no.

Io invece lo so. So che sarei felice se lo fosse anche lei, non capisco cosa ci voglia di più perché lo sia, quindi ritorno a deprimermi e concludo che non sono capace di amare. Mi chiedo, però, se qualcuno lo sia. Capace di farlo, intendo. Forse te lo insegnano, se davvero c’è un modo?

Ma non è tempo, non è neanche il modo di vivere il giorno che muore. L’adesso è già quasi domani, nel fermento delle angustie che sfociano nella consapevolezza che la mattina seguente ci sarà altro di più tristemente prosaico cui pensare. E rimarremo così, infelici pur amandoci, senza sapere il perché, un perché che sia almeno accettabile e che non incolpi nessuno dei due, perché altrimenti il capirlo sarebbe troppo deflagrante.

Torno allora al mio errore originale, all’incapacità di amare, allo sbaglio che fu venire al mondo, e mi chiedo se avrò mai la terribile sventura di fare in tempo a rimediare o, peggio, di scoprire di non aver sbagliato affatto.

Dario S. Villasanta, classe ’72, monzese di nascita ma per vocazione viaggiatore delle strade sbagliate in cui, incidentalmente, ha fatto anche cose buone. Scrittore, fondatore di www.scriveredigitale.it, blogger ed ex pubblicitario prestato all’editoria, ha svolto ruolo di ufficio stampa per numerosi autori. Ha esordito da autoprodotto nel 2014 con Il migliore e, subito dopo, ha pubblicato: Angeli e folli (poi ristampato col titolo Il prezzo), vincitore del premio speciale Emotion al Premio Internazionale Città di Cattolica 2015; Il gioco del castello (2015); Nella pancia del mostro (2016); due mini-raccolte di racconti brevi (Strade sporche e Dalla cenere); I santi non esistono e gli eroi son tutti morti (2023, Daimon Edizioni), Confessioni di un cameriere (Oakmond publishing). Ha co-ideato e organizzato decine di presentazioni e festival nazionali – Un editore in Noir (Bologna, 2016) e Paura sotto la pelle (Bologna, 2018 e 2019).

Condividi se ti è piaciuto
Picture of Chi sono

Chi sono

Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.
Se ti va, puoi seguirmi sui miei profili social.

antonella perrotta - Sine Pagina

Chi sono

Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.

Se ti va, puoi seguirmi sui miei profili social.

Torna in alto