L’elemosina

Sine Pagina - L'elemosina
llustrazione di Antonella Perrotta. ©Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata

Racconto di Marco Proietti Mancini

Sto uscendo dal parcheggio dell’Ipercoop. L’automobile piena della spesa del sabato, la spesa grossa, quella della roba che servirà per la settimana e oltre. La roba necessaria. La roba non necessaria. Il superfluo.

Il tempo di fermarmi prima di immettermi sulla strada, accanto al finestrino si materializza una signora. Avrà qualcosa più di settant’anni. I capelli bianchi, pettinati in ordine, ma senza traccia di messa in piega. I vestiti puliti, dignitosissimi anche se con addosso la patina del vecchio, del già indossato mille e mille e mille volte in mille giorni. Colori indefinibili.

Non bussa al vetro, si limita a sfiorarlo con il dito, un dito che si alza da solo ed è una preghiera più che se tenesse le mani giunte. Sono cattivo. Penso “Non è che mi chiederà di accompagnarla da qualche parte?”. Penso “Sarà una rumena che chiede l’elemosina”. Penso “Cazzo vuole questa, adesso?” Ma apro il finestrino, lo apro più per vigliaccheria che per buona volontà. Lo apro per malavoglia. Lo apro per sentirmi buono, educato, disponibile. Lo apro pensando che farei meglio ad andarmene; non c’è neanche nessuno che passa sulla strada, potrei accelerare e andar via, lasciarla lì nella sua dignitosa pulizia di panni sbiaditi, di capelli bianchi pettinati. Potrei andarmene e lasciarla lì con il suo dito alzato in preghiera, pregare Dio Marco Proietti Mancini che come fa quell’altro Dio si volta dall’altra parte. Pentendosi di averci creati e troppo vigliacco, forse, per distruggerci una volta per tutte.

Apro il finestrino e la guardo e lei mi guarda. “Sì signora? Dica.”

“Per pietà, mi aiuti. Per pietà. Mi aiuti. Non so come pagare l’affitto, non so come pagare le bollette, non so come mangiare. Per pietà, mi aiuti.”

Per pietà. Mi aiuti.

Senza nessuna lacrima per impietosirmi. Senza nessun gemito, senza nessun dolore. Solo lacrime per la vergogna di chiedere. Solo il dolore di doversi umiliare.

Per pietà. Mi aiuti.

Sono veramente Dio, allora? No. Sono un verme. Per aver pensato che potesse chiedermi un passaggio. Per aver pensato “è una rumena“. Per essermi chiesto “cazzo vuole questa?“.

Io sono Dio Proietti Mancini. Io sono il Dio scrittore. Il Dio impiegato di una multinazionale. Il Dio che si riempie la macchina del superfluo e guarda a un dito in preghiera come fosse un fastidio.

Le lacrime che sono uscite sono state le mie.

Mia la vergogna.

Cosa conta che io le abbia dato dei soldi? Qualsiasi cifra io possa averle dato rimarrà sempre quello che è, un’elemosina di cui mi vergogno. Un’elemosina che ho pagato nelle lacrime ingoiate mentre tornavo a casa, perchè certe lacrime non vanno asciugate, devono bruciare sulla pelle e poi vanno ingoiate e piante ancora e ancora mille volte.

Maledetto io.

Maledetta questa società maledetta, che permette questo.

Maledetti voi, baroni e casta, allevatori dei vitelli dell’ambizione, della pensione a settant’anni.

Maledetti voi, sacerdoti del dio denaro.

Vi maledico io, perché ora non ho pace e so che quel dito, alzato a pregarmi di aprire il finestrino, perchè so che quel “Per pietà. Mi aiuti” non mi lascerà più finché camperò.

Maledetto io e maledetti voi, perchè più di tutto non dimenticherò la condanna di quel “grazie”, quando le ho dato i soldi.

Sono andato via, con la mia automobile piena di superfluo, e con quel grazie che mi pesava nel cuore, l’avessi pagato un miliardo di euro non l’avrei pagato abbastanza.

Non consolatemi, se volete andate a consolare lei. Forse, sicuramente, è ancora lì, all’uscita del parcheggio dell’Ipercoop Casilino, a pregare con il suo dito alzato altri piccoli dei della spesa del sabato. A vendere la sua dignitosa vecchiaia, i suoi capelli pettinati e i suoi vestiti puliti, per un’elemosina. Fino al prossimo affitto da pagare.

Non consolatemi.

Io voglio tenermi questo dolore nel cuore.

Marco Proietti Mancini, scrittore. Ha pubblicato i romanzi Io sono Hotel Garibaldi (Ensemble, 2023), Parlando dei miei giorni (Augh!, 2022), La luce degli istanti felici (Edizioni della Sera, 2021), La terapia del dolore (Historica, 2016), Da parte di Padre (Edizioni della Sera, 2016), Il coraggio delle madri (Edizioni della Sera, 2015), Oltre gli occhi (Giubilei & Regani, 2014), Gli anni belli (Edizioni della Sera, 2013), le raccolte di racconti Non serve nascondersi (Miraggi, 2019) e Roma per sempre (Edizioni della Sera, 2012). Suoi racconti sono presenti in molte antologie. È giurato nei premi “Città di Subiaco” e “Città di Latina”.

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Chi sono

Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.
Se ti va, puoi seguirmi sui miei profili social.

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