Racconto in versi di Ippolita Luzzo
Vai a tempo.
Non sai andare a tempo.
Ditemi da quando si va a tempo?
Conta: uno, due, tre e quattro.
La musica è matematica.
Conto. Vi prometto che conto.
24 Aprile Auditorium Liceo Statale
Una folla di alunni davanti a me, i loro insegnanti, il dirigente,
le autorità, ed io dovrei contare.
Dietro di me, in alto, le note della pianola mi accompagnano,
un sottofondo musicale in versi,
alla miscellanea di versi, non miei, che ho scelto e dovrei leggere.
Mi concentro e conto.
Uno, due, tre e quattro.
Inizio a leggere piano, chiara, sento più il suono che le mie parole.
Attendo fra una stasi e un’altra, riprendo ad una nuova battuta.
Rispetto il verso.
Sono pochi minuti, solo una manciata di versi,
un peregrinare nel mare che ci vide andare via emigranti
che ci vede inadeguati ad affrontare scafi insanguinati
che arrivano da anni.
Uno, due, tre e quattro.
Come vorrei andare a tempo!
Ho finito, mi applaudono, per cortesia, penso io, cattiva con me stessa.
Poi mi riconcilio e mi do un tempo, il mio,
stonato e ormai irrimediabilmente amato.