Recensione di Antonella Perrotta
È un saggio breve questo di Daniela Piana.
L’autrice tratteggia il manifesto di una città ideale, ma non scrive di architettura, di pietre e mattoni, di strade e viabilità.
Scrive di uomini. Scrive di NOI.
Perché “per progettare il futuro i verbi si declinano tutti al plurale”.
Perché in una città ideale “l’uomo non funziona, ma vive”.
Perché “lo spazio scaturisce dalla vita delle persone”.
In queste pagine troviamo il richiamo alla riscoperta del senso di comunità, inteso come appartenenza a uno spazio e a dei luoghi comuni, a una cultura che è anche memoria e si alimenta “nelle mani strette di generazioni” come, intorno a un filo, si stringono le maglie di una catenella all’uncinetto e crescono, punto dopo punto, il punto successivo che riempie il precedente e lo incorpora in sé.
Siamo così, NOI. A volte lo dimentichiamo. Siamo carne generata da carne, fusione, incorporazione, sinergia. Ed è proprio a queste sinergie, a un agire nell’interesse comune che ingloba e soddisfa anche quello individuale, che Daniela Piana invita a ricorrere nel concepire e progettare la nostra città ideale, perché non si può raggiungere alcun vantaggio e alcun bene se questi non sono condivisi dalla comunità in cui viviamo.
Nella città ideale si ha riguardo alla NOSTRA qualità della vita, si persegue l’armonia, si elabora un progetto che “non è un’idea che diventa realtà”, ma “la promessa di trasformazione” di questa realtà. E ciò che è rimasto incompiuto non ha alcuna importanza se l’incompiuto è visto come “portatore di potenzialità positive”, come “possibilità di riempimento”, come un qualcosa che ognuno di noi può completare con ciò che “la creatività sarà in grado di produrre” in armonia con lo spirito e le esigenze dei tempi.
In una città ideale c’è la fiduciosa stretta di mano sottesa a quel contratto sociale che abbiamo firmato nello scegliere la Repubblica, nell’affidarci alla Costituzione e ai suoi principi, nel fare affidamento a una legalità che immagina le regole e le plasma con l’ausilio delle scienze e che deve prospettarsi come “cultura della legalità”, ossia formazione ed educazione, patrimonio di generazioni.
Le riflessioni portano a delle conclusioni in sé semplici se soltanto si riuscisse a distogliere l’attenzione dall’IO per rivolgerla al NOI, se soltanto si acquisisse la consapevolezza (formata e responsabile) che non si possono vivere bene i luoghi, e non solo, senza riflettersi negli altri. Ed ecco che il merito di questo saggio, dalla lettura agevole, piacevole, penetrante, è proprio quello di ricordarcelo, di invitarci alla CURA DELLA COSTRUZIONE DEL NOI per la realizzazione di uno spazio che profumi di armonia, di equilibrio, che sappia tutelare l’individuo quanto l’intera comunità e farsi ponte fra generazioni passate e future. Che sia il LUOGO DI TUTTI.
Da leggere.
La città ideale, Daniela Piana, Divergenze Editore, collana Impronte, 2023, pagg. 83