Qui giace lo Scrittore

Sine Pagina - Qui giace lo Scrittore
Foto di Antonella Perrotta ©Riproduzione vietata

Racconto di Antonella Perrotta

Era un uomo secco e lungo, col sedere a punta, il naso a punta, le orecchie a punta.
Pure la camminata aveva a punta, nel senso che camminava in punta di piedi come un ballerino, ma non come un ballerino bravo, un ballerino mancato piuttosto. Un aspirante ballerino, ecco. E stava tutto proteso in avanti, quasi avesse paura di sbagliare il passo sulle punte.

Pensai che avesse una camminata ridicola. Sicuramente pericolosa, ché gli sarebbe bastato un attimo per cadere faccia a terra.

Camminava e si atteggiava come se avesse ancora vent’anni anche quando ne teneva una settantina; camminava e si atteggiava come se nella vita fosse arrivato dove voleva arrivare anche se, in cuor suo, sapeva di non essere arrivato da nessuna parte se non oltre la metà del cammin di mezza vita. Era uno di quelli, insomma, che vogliono far credere di avere una vita piena, completa e appagata.

Fingeva, ovviamente. Si capiva che fingeva.

Pensai: “Magari, vorrebbe stare su un palco. O calpestare un tappeto rosso. Ma io non posso offrirgli né il palco né il tappeto rosso. Gli sorrido, così sta contento.”

Gli sorrisi, allora, e lui fu contento. Secondo me, pensò che fossi attratta da lui, che lo stessi ammirando. Invece, lo stavo soltanto osservando. Ma aveva bisogno di credere che lo stessi ammirando e, così, glielo lasciai credere. In fondo, non mi costava nulla.

Eppure, di persone che lo ammiravano per davvero ce ne dovevano essere – ognuno ha qualcuno che lo stima e lo ammira per davvero – anche se mi era difficile capire per quale motivo avrebbero dovuto avere stima di uno così. Arrogante, presuntuoso, tutto in punta, e nello stesso tempo profondamente frustrato. Si capiva che era frustrato.

Il concorso letterario non l’aveva vinto.
Parlo del concorso letterario prestigioso, quello che fa vendere un casino di copie, che porta in televisione e sulle copertine delle riviste il faccione sorridente da scrittore impertinente, scrittore che si finge un po’ stupito per avere vinto ma, nello stesso tempo, anche convinto che non sarebbe potuta andare altrimenti ché lui meritava di vincere e, infatti, aveva vinto. Perché i concorsi letterari sono roba seria ché, se è vero che tutto è stato scritto, mica è stato scritto come l’ha scritto quello lì, quello che ha vinto il premio, quello che ha venduto un casino di copie a persone che, forse, neanche le leggeranno.

Comunque, lui quel concorso lì non l’aveva vinto.
Aveva allargato le braccia, aveva sorriso come a dire “chi se ne frega! Tanto sono un grande scrittore lo stesso”, ma dentro rodeva, cavolo se rodeva. Lui camminava proteso in avanti e in punta di piedi, non dimentichiamolo.

Aveva scritto ventuno libri, tra cui tre saggi sull’involuzione delle specie e due sillogi poetiche, curato quattro antologie e tenuto conferenze nelle capitali di mezza Europa. Mica bruscolini! Venduto poco, ma sono questi i bruscolini. Conosciuto da una cerchia ristretta, ma pure questo non conta, così come non conta che delle sue conferenze nelle capitali di mezza Europa non esistesse in giro né una locandina né una foto. Nemmeno una.

Era scrittore, lui.

Scrittore che camminava in punta, proteso in avanti e pure un palco e un bel tappeto rosso non ci sarebbero stati male. Avrebbe lasciato le sue parole ai posteri. Le sue parole sarebbero state la sua eredità più grande, diciamo pure l’unica ché economicamente non se la passava mica bene. D’altronde, in Italia si legge poco e, quando si legge, si legge male, soltanto i libri delle attricette e dei personaggi famosi in TV, mentre i suoi erano libri che incrementano il sapere di chi già il sapere ce l’ha. Quelli per pochi, insomma, e che pochi comprano.

Ad ogni modo, le parole dei suoi libri avrebbe lasciato in eredità. A chi, era un mistero. Ma lui con questa convinzione invecchiò e morì pure.

Sulla lapide fu inciso “Qui giace lo Scrittore” con l’iniziale maiuscola, secondo le sue ultime volontà. Volontà lasciate per iscritto, ovviamente, e depositate da un notaio di fiducia. Per ironia della sorte, intorno alla sua tomba, altre con la medesima lapide.
Era un cimitero per scrittori, quello.
Tutti senza nome e senza eredità.

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Chi sono

Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.
Se ti va, puoi seguirmi sui miei profili social.

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Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.

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