Il vizio delle abitudini

Sine Pagina - Il vizio delle abitudini
Opera di Mario Perrotta, per gentile concessione dell’artista.©Tutti i diritti riservati. Riproduzione di La Vergine di Klimt

Racconto di Antonella Perrotta

Se ne stava lì, inerme.
L’unico movimento che dimostrava fosse ancora vivo era il girarsi sul letto, ora da un lato, ora dall’altro. Movimenti pigri, senza mai lasciare il cuscino che continuava a tenere abbracciato a sé. Movimenti lenti, come se il tempo non scorresse o il suo scorrere non avesse importanza.

La testa con i capelli brizzolati e radi era l’unica parte del corpo che usciva da sotto le lenzuola, oltre alle dita un po’ storte delle mani da anziano, con le macchie scure e le vene evidenti, aggrappate al cuscino. Da sempre Lui sembrava più vecchio della sua età, li portava male i suoi anni, a venti sembrava averne trenta e a trenta, quaranta, e sempre più in picchiata, come se li compisse a due a due. Ma ora sembrava ancora più vecchio del solito.

Da quando Lei lo aveva lasciato aveva acquisito delle nuove abitudini. Si alzava tardi, come se non trovasse una ragione per farlo e nemmeno per lavarsi e vestirsi. Poi, caricava la moka, sorseggiava il caffè fissando la stampa di La vergine di Klimt sulla parete senza che gli destasse alcun desiderio, si lavava, indossava una tuta sgualcita, si accucciava su una vecchia poltrona di fronte alla finestra e guardava il mondo correre fuori, mentre in lui aumentava la voglia di starsene fermo a far nulla, di lasciarsi invadere da un’accidiosa noncuranza. Pure la spesa ordinava per telefono e se la faceva portare a casa da un ragazzotto in divisa che all’inizio gli sorrideva sull’uscio e ora neanche lo salutava più, bussava al campanello e correva via lasciando le buste sul pianerottolo. Ogni giorno la stessa routine, ogni giorno gli stessi pensieri, ogni giorno la stessa pigra noncuranza.

Le abitudini sanno essere confortanti.

Orari, frasi, gesti ripetuti che, nel loro ripetersi, stanno a sussurrarti che va tutto bene, che ancora esisti seppure nel susseguirsi di giorni senza scossoni, senza nuove vibrazioni ed emozioni, ché quelli, scossoni, vibrazioni, emozioni, a volte mettono paura. Le abitudini stanno lì e tu ti illudi di vivere.

Lui diceva che Lei era in compagnia degli angeli, ma per qualcun altro era una stella in cielo, sta di fatto che era un corpo rinchiuso in una bara e collocato nell’ala nuova del cimitero, nel terzo cassetto della fila C5, di fronte a un’altra fila numerata di cassetti funerari a più piani, con a fianco un’altra fila numerata. Il suo cassetto non vedeva né stelle né angeli, stava troppo in basso, per fortuna non troppo in basso, giusto l’altezza necessaria a risparmiarsi le pisciate dei randagi che vagavano nei corridoi del cimitero a cercar cosa non si sa ché non ce ne stava cibo per loro lì. Forse, per abitudine.

Lui diceva che adesso, senza di Lei, le sue giornate non potevano essere altro che un trascinarsi lento. In realtà, lo erano anche prima. Magari, soltanto un po’ meno lento, ma anche il tempo è una percezione, ognuno lo vive e lo avverte a modo suo.

Lui, a Lei, non l’amava più da tanto, da quando aveva iniziato a tradirla senza neanche accorgersi che non l’amava più e senza nemmeno accorgersi che erano proprio quei tradimenti a consentirgli di continuare a vivere insieme a una donna che non amava più. Anche i tradimenti, però, erano diventati un’abitudine. L’abitudine a una doppia vita con cui Lui riempiva le mancanze della prima e, nello stesso tempo, la preservava, impedendo che lo soffocasse. Forse Lui non se ne rendeva conto, ma Lei, sì, anche se faceva finta di non accorgersi di nulla. Sapeva che ci sarebbe stata Lei con Lui e che alle altre sarebbe spettato soltanto qualche minuto speso al telefono sul pianerottolo di casa, qualche ora in un albergo, qualche passeggiata furtiva guardandosi le spalle. Sapeva che, così, avrebbe conservato i Natali e le altre feste comandate tutti assieme, le gite fuoriporta, lo shopping del sabato pomeriggio, le cene con gli amici, le sue abitudini, le loro abitudini. Sanno essere confortanti le abitudini.

Finché Lei era morta prima di Lui in quelle quattro mura dove non si comunicava più. E a Lui era venuta d’un tratto la voglia di comunicare con Lei. Ma ne aveva perso l’abitudine e non sapeva più farlo, ammesso avesse ancora potuto farlo. Adesso Lei gli mancava o, meglio, gli mancava l’abitudine di averla al suo fianco. Adesso doveva acquisire una nuova abitudine: quella di vivere in una casa senza di Lei. Così, se ne stava seduto in poltrona, guardando fuori dalla finestra o fissando la stampa di Klimt, pensando a quanto fosse mal fatta quella stampa che non aveva cuore di staccare dalla parete perché vi s’era abituato.

E, mentre stava lì, pensava a quanto sarebbe stato bello se un alito di vento avesse d’improvviso aperto le imposte, lo avesse scosso, rovesciato dalla poltrona, fatto girare in tondo in una trottola di pensieri e di emozioni. Sarebbe stato bello anche se tutto questo girare e rigirare lo avesse sollevato fino al cielo.
Tra le stelle o tra gli angeli, chissà.

Verso nuove abitudini.

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Chi sono

Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.
Se ti va, puoi seguirmi sui miei profili social.

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Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.

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