Non c’è Cristo che risorge se non vogliamo risorga

Sine pagina - Non c’è Cristo che risorge se non vogliamo risorga
Pexels da Pixabay – Canva App

di Antonella Perrotta

C’è stato un tempo in cui la mia terra conteneva la speranza del mondo.

Sono cresciuta in quel tempo in cui tutto sembrava potesse rinascere e ci si sentiva finalmente liberi. Liberi dalle baronie, liberi dalla malavita, liberi dall’indigenza. Magari non era vero. Magari.
C’è stato un tempo, lo ricordo bene, in cui si credeva di riuscire a diventare chi si voleva diventare. Essere chi si voleva essere.

C’è stato un tempo breve, troppo. Forse illusorio, troppo.
Prima che la rinascita si trasformasse in tomba.
Cristo ingannato, messo in croce, ammazzato, sepolto, pronto a resuscitare, é rimasto chiuso nel sepolcro, come fosse stato ammazzato una seconda volta, ché la salvezza sta dentro di ognuno e non c’è Cristo che risorge se non vogliamo davvero che risorga.

Ecco, forse non lo volevamo davvero.
Forse, volevamo il contrario. Volevamo che il sepolcro restasse murato da una pietra, che si continuassero a versare lacrime di disperazione, vera o finta che fosse, che si continuasse a pregare qualcuno, chiunque, pure se non teneva il volto del Cristo in croce.

Sono cresciuta in una terra che, di qualcuno a cui chiedere, ha sempre avuto bisogno, ché di gridare non sempre ha avuto la forza, spesso quella di lesinare soltanto ha tenuto e di portare sul capo le stesse corone di spine dell’uomo cui non ha saputo rendere onore, non ha saputo fare risorgere.

Eppure il mare continua a calmarsi e ad agitarsi; grida il mare, lo sa fare.
Eppure gli alberi vorrebbero continuare a crescere, a ricoprire monti e colline, e i fiumi e le fiumare vorrebbero continuare a scorrere, limpide, sonore, fra pietre e valli, e le zagare e gli olivi a fiorire e gli alberi centenari a tramandare forza.
Eppure si agita la vita nella mia terra, prova a farsi spazio, a spostare la pietra del sepolcro. Ma gli uomini non sanno, o non vogliono, ascoltarla. Si voltano, si rivolgono ai finti dei, pregano altrove.

Senza più speranza, senza neanche illusione, senza sguardo compiuto, senza compassione, ché ognuno porta la sua, di corona di spine.
Solo rassegnazione e preghiera.
Perché, tanto, cosa speri di cambiare?
Ma la salvezza sta dentro ognuno di noi e non c’è Cristo che risorge se non vogliamo davvero che risorga.

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Chi sono

Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.
Se ti va, puoi seguirmi sui miei profili social.

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Mi chiamo Antonella Perrotta. Nasco in Calabria la sera che precede il Lammas da madre siciliana e padre calabrese. Osservo, ascolto, leggo, scrivo, amo la Storia e le storie, il narrare e il narrarsi, ma non sopporto il chiasso e il chiacchiericcio. Sono autrice dei romanzi Giuè e Malavuci (Ferrari Ed., 2019, 2022) e di racconti pubblicati in volumi collettanei, blog e riviste. Performer dei miei testi. Fondatrice del blog Sine pagina.

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