Di Antonella Perrotta
Mi riconosco
in questa terra
rozza, ruvida,
di lupi e cinghiali,
di olivi e querceti e castagneti che guardano al mare,
di rocce, scogli e pianori,
di stelle e lampare che vincono il buio.
Mi riconosco
nei lineamenti bastardi della sua gente,
nelle sue lingue e nei suoi dialetti arcaici,
bastardi anch’essi,
che di suoni greci, latini, turchi, albanesi, normanni, spagnoli
si sono nutriti.
Grezza, ruvida, anch’io,
dalle origini ibride e incerte,
figlia di una fusione di razze che sanno di creta e di sale,
di ginestra, di sterco e di zolfo dei vulcani.
Sono gente di una terra che sta al Meridione di un’altra
e a Nord di un’altra terra ancora,
ma che sempre di Sud continua a sapere
e di grandezza e perdizione,
di genio e ignoranza,
di raffinatezza e barbarie,
di tutto mescolato a tutto.
Sono gente fra la gente del mondo.
E dall’orgoglio di esserlo comincia la rinascita.
Senza, tutto è perduto.