Recensione di Antonella Perrotta
Questo romanzo è un viaggio, andata e ritorno, da Riace alle Langhe.
Un viaggio che ha inizio negli anni ’60.
A partire per le Langhe sono le donne di Riace, ma non solo. Sono le donne di Calabria, le “calabrotte”, “non contaminate dal virus dell’industria, nate campagnole e decise a rimanere tali, che non aspettano altro che maritarsi.” Lì, al Nord, servono donne così, altrimenti gli uomini resteranno scapoli e la terra andrà in malora, povera di figli e di braccia.
Ci penseranno i “bacialè“, i ruffiani, a salvare la razza langarola e, al contempo, a salvare dalla povertà le calabresi. Troveranno in Calabria le donne giuste per i campagnoli del Nord, le selezioneranno, proporranno e combineranno i matrimoni, le faranno partire per non tornare. Nell’incontro di due mondi in difficoltà si intravede la salvezza.
Le donne, vere protagoniste della Storia – che accetteranno di partire per sposare un uomo che neanche conoscono, l’uno o l’altro non fa differenza, pur di non essere di peso alla famiglia – contribuiranno alla sopravvivenza e alla fortuna di una terra che non è la loro.
Ma Riace, e non solo, quella Riace ferma in un altro tempo, in “un altro modo di pensare, di intendere la modernità“, dove “quelle che altrove sembrano possibilità” vengono percepite come “deviazioni effimere, intralci da rimuovere“, conosce “l’accoglienza, il riempimento degli spazi, il ripopolamento“.
Chi si ferma a Riace diventa subito di Riace.
“Quanto è importante essere diversi, ma non stranieri, quanto è importante non perdere se stessi“: a Riace lo hanno capito.
E, nel ripetersi della Storia, quello che fu l’incontro tra il Sud e il Nord diventa oggi l’incontro tra il Sud e le terre dei profughi che sbarcano sulle coste dai barconi malandati.
Nel viaggio, nell’incontro, sta ancora la salvezza.
Perchè “siamo tutti stranieri, siamo tutti in cerca di salvezza, siamo tutti sulla terra di qualcun altro… non è necessario imparare quali e quanti sono gli infiniti modi che la Storia inventa per farci incontrare i nostri salvatori: dobbiamo solo imparare a riconoscerli quando li vediamo arrivare e ad aprire le braccia per accoglierli“.
Lavoro collettivo di più autori sotto la firma Lou Palanca, Ti ho vista che ridevi, Rubbettino Editore, è la ricostruzione della storia di una terra, la Calabria, e di altre terre, di mondi non così diversi che chiedono salvezza, di famiglie che non dimenticano da dove sono partite, di individui che approdano sulla spiaggia della consapevolezza attraverso la scoperta di se stessi.
Ti ho vista che ridevi, Lou Palanca, Rubbettino Editore, in copertina nell’edizione 2023, pagg. 216
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