Recensione di Antonella Perrotta
Poison è un noto profumo, ma è anche il titolo del romanzo di Andrea Mauri, edito da Extempora.
Un viaggio nella vita e nella mente di una madre, Beatrice, e di un figlio, Antonello, osservati attraverso le pareti di un ospedale psichiatrico.
Beatrice è una donna estrosa, inondata dal suo profumo preferito, il Poison. Lo spruzza su tutto il corpo, sui capelli soprattutto.
Beatrice è una veggente, non abbandona mai i suoi tarocchi, nemmeno quando è costretta da una malattia mentale in una clinica psichiatrica. Ha la pretesa di leggere nelle carte pure la vita del suo unico figlio, Antonello, come se fosse facile per un genitore, quand’anche col dono della preveggenza, conoscere davvero un figlio. Soprattutto, se è lo stesso figlio a non comprendere sé stesso, la sua anima contorta accompagnata dalla sensazione di essere l’unico al mondo. Il diverso. L’omosessuale.
Antonello si ritrova soffocato nel suo ruolo di figlio, spiazzato dalla malattia di sua madre, persa nel buio della dimenticanza, “negli sguardi vuoti, nei ragionamenti sconnessi da bambina”.
Il rapporto con Beatrice è uterino, viscerale, pure da adulto. Forse anche per colpa di quel profumo “drogato” che ha il potere di tenerlo legato. Forse per colpa della pretesa di Beatrice di conoscere tutto e indirizzare e condizionare in maniera invadente le vite altrui. Anche quella di Antonello.
“Mi sento soffocare nel mio ruolo, sono troppo figlio e poco uomo. Mia madre deve capire che è ora di liberarmi …”.
Anche Gabriele, il neurologo della clinica che segue Beatrice, lo ammonisce: “Neghi la tua vita per rimanere legato a lei.”
Forse solo con Gabriele, col quale nasce un’attrazione, Antonello riesce a svelarsi, mostrando la sua personalità eccentrica, votata all’arte, e la straordinaria tendenza all’immaginazione con cui riesce a rivestire di bellezza anche i momenti della malattia di sua madre.
“La memoria di tua madre dev’essere stimolata continuamente” dice Gabriele ad Antonello.
E Antonello ricorre a ogni stratagemma per farla tornare ai momenti felici e meno felici, purché siano momenti di vita, sebbene passata, e non di vuoto. Anche una semplice vetrata può diventare “un cinema all’aperto” da cui osservare il mare e le barche a vela.
“A mia madre dico di chiudere gli occhi e le racconto che cosa si vede con l’immaginazione …”
D’altronde, persino una clinica psichiatrica può essere simile a un teatro: “I pazienti sanno che non possono andare lontano, che il massimo consentito è un giro in giardino … Nella fantasia, però, tutto è lecito e dove non arriva la mente compromessa entrano in gioco i parenti.”
Andrea Mauri offre ai lettori pagine profonde che scorrono veloci, dirette, asciutte e pulite, ma riescono con efficacia a scavare nei rapporti genitoriali, nelle anime “diverse”, e a svelarci le enormi potenzialità dell’immaginazione.
L’immaginazione può essere salvifica, può mostrarci ciò che gli altri non riescono a vedere, può svelarci il bello nel brutto. Può illuminare anche una mente annebbiata e riempire gli spazi vuoti di un’esistenza in bilico fra la vita e la morte, come quella di Beatrice, di una vita a metà, come quella di Antonello, o di una vita votata alla cura degli altri, come quella di Gabriele.
Poison, Andrea Mauri, Extempora edizioni, pagg. 114, 2025