Pubblicato su gentile concessione di Ferrari Editore
Quello che accadde prima
Si chiamava Giosuè.
Come il Poeta.
Ma non sapeva chi fosse il Poeta e non lo sapevano neanche sua madre Elvira e suo padre Salvatore detto Turuccio, analfabeti per tradizione e senza alcuna voglia di cambiare le usanze di famiglia.
Il nome gli era stato messo dal dottor Emilio Cantalupi, medico condotto con la passione per la letteratura, accorso in aiuto della partoriente che da ore strepitava e bestemmiava nel tentativo di far uscire suo figlio dal ventre. “Sta di schiena” aveva detto il dottore che, infilata la mano nell’utero della paziente, era riuscito a mettere la creatura in posizione. “E mo spingete” aveva aggiunto.
Ed Elvira aveva spinto.
Quando il bambino aveva finalmente visto la luce, il medico l’aveva messo tra le braccia della madre e lei gli aveva regalato un largo sorriso a labbra distese, incurante di due incisivi superiori mancanti che parevano un portone spalancato tra i denti.
“Giosuè. Come il Poeta. È un bel nome” aveva suggerito il dottor Cantalupi, con lo sguardo rivolto al portone.
“Sì, sì. Giuè” aveva risposto la donna e aveva continuato a sorridere come solo lei sapeva, senza vergogna e senza misura.
Il medico condotto, per precauzione, aveva allora scritto a chiare lettere il nome e il cognome del neonato, Giosuè Palmitano, su un pezzetto di carta e l’aveva consegnato a Turuccio che lo aveva conservato nella tasca della camicia. “Per l’anagrafe” gli aveva spiegato. “Ma a voi, Turu’, il nome Giosuè piace?”
“Sini! È bello Giuè!” gli aveva risposto Turuccio e aveva anche lui sorriso di gusto mentre un altro portone, a causa di due incisivi inferiori mancanti, si spalancava dinanzi agli occhi increduli del medico.
Emilio Cantalupi aveva storto le labbra. Mai aveva visto un simile caso clinico: due bocche per fare una sola dentatura completa.
Era l’alba del 20 febbraio 1901. Un vento gelido soffiava dal mare.
Quella mattina, il dottor Cantalupi, stretto nel suo cappotto, si era allontanato dalla casa dei Palmitano con un sacco di patate silane per compenso e una riflessione sulle strane casualità della natura per la testa.
All’anagrafe il nome del piccolo Giosuè era stato registrato correttamente grazie all’appunto del medico condotto, ma ciò non impedì ai Palmitano, e non solo a loro, di continuare a preferire Giuè.
GIUÈ, Antonella Perrotta, Ferrari Editore, 2019, pagg. 148, Narrativa italiana, Formato Kindle + copertina flessibile