Recensione di Antonella Perrotta
Lipari, a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Agata nasce sulla spiaggia, dopo il travaglio di una notte per mare su un gozzo. “Agata … perché sei nata qui, su queste pietre sotto la luna che parunu luccicare …”
Sua madre Cettina è una pescatrice di notte e contadina di giorno, come molte altre donne dell’isola che sanno di mare, di terra e di vento. Così come pescatrice e contadina sarà anche Agata, perché sull’isola il destino è scritto, ma soltanto se non hai la forza per rivoltarlo.
Agata é una figlia in conflitto con una madre spigolosa, acerba, arrabbiata, in debito con la vita. È una giovane che soffre per la mancanza del padre emigrato in America, per la perdita della nonna, per il tradimento del primo amore, per tutte le cose dette e, soprattutto, per quelle non confessate.
È una majara, Agata. La più potente dell’isola. Ha dentro di sé la forza che le viene da Eolo. Il dio dei venti le ha trasmesso il dono: il potere di prevedere e presagire, di curare e di controllare le forze della natura con le ‘raziuni, le formule tramandate da sua nonna e dalle altre majare dell’isola. Non è facile per lei capire, accettare e controllare il dono che ha ricevuto, ma non può sottrarsi: lo porta nel sangue.
Ma Agata è soprattutto una sognatrice. È una combattente. Sfida gli uomini come sfida il mare, sfida il destino già scritto e lo riscrive.
Quella di Agata del vento, edito da Rizzoli, è una storia di mare e di terre aspre dove vigono da sempre leggi non scritte, dove i riti, le magie, le majarìe sono cultura. È una storia di donne, madri, figlie, guaritrici, pescatrici, contadine. Donne instancabili, che governano sé stesse e le proprie famiglie così come governano la natura che sa essere amica, ma anche ostile. Donne fulcro di una comunità che vive in uno spazio e in un tempo a sé stante.
La scrittura di Francesca Maccani questo spazio e questo tempo ce li fa toccare, vedere, vivere. Nelle sue pagine ritroviamo la complessità di una terra, di una cultura antica, di intere esistenze. Magistrali sono le descrizioni delle isole, fluidi i dialoghi – anche grazie all’uso del vernacolo -, avvincente la narrazione (che non manca di sorprese), potenti i personaggi, soprattutto quelli femminili.
L’autrice chiarisce che la scrittura del romanzo è stata preceduta da un lungo lavoro di studio e di ricerca: testimonianze dirette, esplorazione dei luoghi, consultazione di diversi testi sulle donne pescatrici e guaritrici, sui riti magici, sui cunti e le leggende delle isole, fra cui, testi fondamentali, quelli della dottoressa Macrina Marilena Maffei. Il risultato è un perfetto amalgama: il mito e la leggenda si confrontano con la storia, il cuntu incontra la realtà, la majarìa si fonde con la fede.
Il romanzo ci regala, quindi, l’affresco naturalistico, antropologico, etnografico del microcosmo eoliano dove le donne, spartite tra la fatica e l’amore, sono il perno su cui ruota l’intera comunità.
E ci regala anche il ritratto di una giovane protagonista in bilico tra la tradizione e il cambiamento, la rassegnazione e il coraggio delle proprie passioni.
“Agata avrebbe voluto dire di sì, che esiste sempre una possibilità, ma che il prezzo da pagare a volte è troppo alto.”
Per chi vuole viaggiare tra le pagine …
Francesca Maccani, Agata del vento. Un romanzo di mare e di cielo, Rizzoli, 2024, pagg. 302