Racconto di Antonio Danise
Il sogno di incontrare Mara può apparire come il prodotto di una mente malata, di una fantasia distorta o, nel migliore dei casi, il risultato di una costruzione, e forse anche ricostruzione, che poggia su basi del tutto sbagliate. Ho tempo per pensare, tanto, per decidere.
Ma forse neanch’io sono vero, e non ci sono mai stato.
Questo gioco devo continuarlo, fino ad arrivare a una risoluzione a cui attenermi scrupolosamente. Sento la necessità di allargare gli orizzonti dei miei sogni. Possibile che debbano restare relegati nei ristretti confini di un io che non mi dà scampo?
Possibile che non riesca a trovare un modo per sfuggire a questa soggezione?
Non ho molta dimestichezza con il corpo femminile.
Spesso mi chiedo com’è fatta e cosa sente di diverso una donna rispetto a un essere maschile, rispetto a me.
Non lo so, non so darmi risposte soddisfacenti, anzi, non so darmene di nessun tipo. Per questo, quando mi è capitato di leggere in un romanzo di una donna dai capezzoli imbottiti, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di soddisfare la mia curiosità chiedendo a Mara, in maniera del tutto disinvolta, come fossi un esperto in materia, se la natura aveva dotato anche lei di capezzoli imbottiti.
Non riuscivo a immaginare una sua reazione, ma ero preparato a tutto. Ovviamente mi aspettavo che mi dicesse che erano proprio così, e per di più che era pronta a esibirli a una mia semplice richiesta.
Questa ipotesi mi lasciò mezzo tramortito. Non ero pronto, l’ho già detto.
Eppure, avrei dovuto capirlo da un pezzo che non cercava nient’altro che una scusa per mettere in mostra il suo corpo, per spogliarsi finalmente davanti a me, che invece, che stupido!, non avevo capito niente di quelle insinuazioni che si presentavano ormai da tanto tempo in maniera infruttuosa, al punto che ormai anche lei disperava di poter ottenere qualcosa da me.
Ma io, ancora adesso, non è che abbia ben capito cosa voleva da me, o forse sì, perché se non perdeva occasione di invitarmi a prendere un caffè, a uscire insieme a lei, anche solo per una piccola pausa, era per poter lanciare tranquillamente l’amo con cui sperava di catturarmi, di farmi abboccare candidamente, e poter fare di me quello che più desiderava. Sesso, sesso e ancora sesso.
Ma io, mi ripeto, non ero preparato a tanto, nel senso che avevo poca conoscenza di quell’universo e temevo di non essere in grado di soddisfare le sue voglie, che immaginavo dovevano essere tante e, nei miei pensieri preoccupati, anche insaziabili.
Lo dico apertamente, senza alcuna vergogna, sono fatto così, non mi preoccupo molto delle figure che potrei fare con lei, anzi che sicuramente farei.
In fondo, provavo a giustificarmi, la conosco da poco, e quindi poco, e questo potrebbe essere un buon alibi per un eventuale fallimento nella relazione che mi figuravo. Al massimo, mi dicevo, se le cose non andranno benissimo al primo incontro, ci sarà di certo un’altra occasione. La prima volta, si sa, qualcosa può andare storto, ed è sempre meglio darsi un’altra possibilità, non buttare alle ortiche tutto dopo il primo incontro.
Successe così che, dopo pochi giorni, ritornò alla carica, lasciandomi ancora più stupito di prima, e creando in me una tensione che non ero così sicuro di saper gestire o sciogliere alla prova successiva.
Sì, perché ormai mi sentivo come sotto esame, e temevo i suoi assalti, i suoi reiterati tentativi di seduzione messi in atto con ogni mezzo possibile, a partire dall’abbigliamento. I suoi vestiti stretti ai fianchi che la slanciavano oltre misura, dai colori che non passavano inosservati, le scollature ardite sul davanti che mi facevano naufragare dentro i suoi seni piccoli ma decisamente sodi. In più di un’occasione avrei voluto affondare le mani, e il naso, e la bocca, e la lingua, e tutto me stesso, fino ad arrivare ai mitici capezzoli imbottiti, e tutto questo a dispetto della mia inesperienza in tuffi del genere.
Ormai l’ho capito che Mara non aspetta altro da me, sperando che questo sia solo l’inizio di qualcosa di cui non vorrebbe vedere la fine. Fra l’altro, non capisco proprio chi o cosa le dà questa sicurezza, questa fiducia nelle mie capacità amatorie o scopatorie.
Che non abbia confidenza con il sesso l’avrà capito da subito, da come mi muovo, da come mi atteggio nei suoi confronti, dalle reazioni impacciate, ogni volta che attacca ad ammiccare, con argomenti stuzzicanti, giochi di parole, fraintendimenti consapevoli, cose così. Eppure, di fronte a questa mia evidente lacuna non si tira affatto indietro.
Sembra che questa mia situazione la stimoli particolarmente, le faccia montare un’eccitazione a cui deve necessariamente dare sfogo in un modo che va scoprendo di volta in volta, a seconda delle occasioni, quasi a volermi dare sempre un’altra chance, convinta in ogni caso che le mie prestazioni, per così dire, sono destinate necessariamente a migliorare, forse anche prendendosi perversamente gioco di me, deridendomi un po’, e non me lo nasconde, dai, ritenta, sarai più fortunato, riprova, non demordere, ci sono ancora dei margini di miglioramento, stai perfezionando la tua tecnica, vedrai che presto raggiungerai dei risultati soddisfacenti.
Ma quanto ancora sarà disposta a sopportare queste mie inconcludenze?
Me lo chiedo ogni volta che mi propone un’uscita, un caffè, quattro passi, che poi significa una storia col finale già scritto, ampiamente annunciato, su un letto, in spiaggia, o al limite in macchina, a pomiciare scomodi, senza necessariamente affondare il colpo.
Lei però non lo sa, non sospetta nulla, e come potrebbe?, che per me tutto è importante, far bene, far male, per me è tutto maledettamente vitale, tutto materiale che potrebbe tornare utile per un racconto, che è ciò che più mi interessa.
Non glielo ho mai confessato, anche se negli ultimi tempi mi è sfiorata l’idea di svelarglieli, i veri motivi della mia disponibilità ad assecondare i suoi desideri, di continuare a passare per un utile idiota. Più di una volta mi sono ritrovato sul punto di dirglielo, e non so cosa mi abbia trattenuto. Forse il timore che,una volta scoperto il vero motivo che mi porta ad accettare i suoi inviti, potrebbe desistere dal continuare a farlo, sentendosi quasi come sfruttata per dei fini che non sono esclusivamente quelli del godimento reciproco, così come aveva concepito il nostro rapporto e su cui inizialmente aveva investito.
E questo non farebbe piacere neanche a me, che sarei costretto così a rinunciare, un’altra rinuncia, ad allargare i confini dei miei sogni.
Antonio Danise nasce a Reggio Calabria, ma si trasferisce per studio e lavoro prima a Milano e poi a Firenze, dove tutt’ora vive e lavora come impiegato pubblico. Ha pubblicato: Articolazioni (2023), romanzo a quattro mani con l’artista Costantino Giovine; La signorina Maria (Porto Seguro, 2021); Passaporto per Capo Verde (2008), raccolta di racconti sulle sue esperienze di viaggio a Capo Verde nel corso di sei anni.